I DIRITTI SUCCESSORI DEL CONVIVENTE SUPERSTITE SULLA SUCCESSIONE DEL CONVIVENTE DEFUNTO: SULL’OPPORTUNITA’ DI UN’ADEGUATA PIANIFICAZIONE SUCCESSORIA.
Hai un compagno o una compagna con cui convivi da molti anni, non vi siete mai sposati o uniti/e civilmente e non avete figli.
Qualora tu venissi a mancare, quale sarebbe la sorte del Tuo patrimonio? Il Tuo partner potrebbe vantare diritti sulla Tua successione? Ci hai mai pensato?
Il tema della morte costituisce nella coscienza comune italiana ancora oggi un vero taboo.
Quello del “dopo di me” è un tema al quale si preferisce non pensare per gli spiacevoli sentimenti che suscita e, banalmente, questa costituisce una delle principali ragioni per cui la maggior parte degli italiani omette di occuparsi efficacemente della propria pianificazione successoria. Ma cosa si intende per pianificazione successoria e perché è così importante?
La “pianificazione successoria” consiste in uno o più atti giuridici mediante i quali un soggetto pianifica la sorte del proprio patrimonio per il tempo in cui avrà cessato di vivere.
Tale pianificazione può essere effettuata con differenti strumenti, primo tra tutti il testamento che, nella forma di quello olografo, ovvero redatto di pugno dallo stesso testatore, richiede certamente l’osservanza di una serie di cautele, ma non prevede necessariamente l’assistenza del Notaio.
Con questo strumento, ad esempio, si può operare un’adeguata pianificazione disponendo dei propri beni e sottraendo, entro i limiti di legge, le sorti del proprio patrimonio alla successione c.d. legittima, che trova la propria regolamentazione nella nostra legge e non nella volontà del defunto.
L’opportunità di un’adeguata pianificazione successoria assume tanta più importanza quanto più si consideri che nel caso delle convivenze la successione legittima nasconde non poche insidie e vuoti di tutela.
Per rispondere infatti ai quesiti indicati in premessa occorre innanzitutto premettere che la legge italiana non riconosce al convivente superstite diritti di natura direttamente patrimoniale sulla successione del convivente defunto.
Infatti il convivente non è né un erede legittimario, ovvero un soggetto cui la legge riserva una quota dell’eredità del defunto, né un erede legittimo, ovvero uno tra i soggetti successibili cui l’eredità è devoluta in assenza di testamento.
Anche la recente Legge Cirinnà (L. n. 76/2016) sulle Unioni civili e sulle Convivenze di fatto, pur avendo ridisegnato l’assetto normativo della famiglia, ha mancato l’occasione di riconoscere e disciplinare in favore del convivente superstite i diritti successori di natura direttamente patrimoniale sulla successione del convivente defunto ed anche le successive proposte di legge in tal senso ad oggi parrebbero inesitate.
Più precisamente, con la legge sopra citata al convivente di fatto sono stati formalmente riconosciuti, tra gli altri, alcuni diritti di natura successoria, ma a contenuto non direttamente patrimoniale, come il diritto di subentrare nel contratto di locazione intestato al defunto ed il diritto di permanere nell’abitazione familiare in seguito al decesso del convivente proprietario, per un periodo che tuttavia non può mai superare i 5 anni (commi 42 e 44 dell’art. 1 L. n. 76/2016).
Si noti bene che, peraltro, i suddetti diritti parrebbero riservati solamente ai c.d. “conviventi di fatto”, ovvero ai conviventi che hanno deciso, tramite apposita registrazione presso l’Ufficio di Stato Civile, di conformare la propria unione al modello disciplinato dalla Legge Cirinnà, scelta che si sta rivelando piuttosto infrequente.
D’altra parte, la mancanza di tutele successorie nei confronti del convivente superstite non sarebbe superabile nemmeno, in ipotesi, tramite una loro regolamentazione che ne facesse la coppia con uno specifico contratto di convivenza, posto che tale regolamentazione si porrebbe in contrasto con il divieto dei patti successori di cui all’art. 458 c.c..
E’ comunque chiaro che, a prescindere dalla registrazione o meno della convivenza presso gli uffici anagrafici, il convivente superstite gode in ogni caso di tutele successorie di base ben più deboli rispetto a quelle che la legge riserva al coniuge o all’unito/a civilmente. Paradossalmente, un coniuge sposato da pochissimi giorni (o addirittura separato) gode di diritti e tutele successorie di gran lunga superiori al convivente di lunghissima data!
Quali, dunque, le sorti del patrimonio del convivente defunto in assenza di una adeguata pianificazione successoria?
Alcuni esempi possono aiutarci a capire meglio i risvolti pratici di quanto stiamo analizzando.
Supponiamo, tornando all’esempio di cui alle domande iniziali, che al convivente defunto sopravvivano, oltre al convivente superstite, i genitori e uno o più fratelli.
Al momento della morte del convivente, senza un testamento, si aprirebbe la successione legittima come regolamentata dal codice civile e così il patrimonio del defunto sarebbe devoluto ai genitori ed al/ai fratelli. Nulla spetterebbe al convivente superstite, se non le tutele abitative (“legati ex lege”) previste dalla Legge Cirinnà (il diritto di succedere in un eventuale contratto di locazione o la possibilità di permanere per un determinato periodo di tempo dentro all’abitazione di proprietà del convivente adibita a residenza familiare, se presente) e questi peraltro, ricordiamolo, sussisterebbero solo a condizione che i conviventi abbiano registrato la propria unione quale Convivenza di fatto, presso gli Uffici di Stato Civile del comune di residenza.
Redigendo invece un semplice e valido testamento olografo potrebbe essere disposta la destinazione in favore del convivente superstite dei 2/3 del patrimonio (quota c.d. disponibile), posto che in favore dei genitori (ma non anche dei fratelli) è riservata per legge la quota di 1/3 del patrimonio del de cuius (c.d. quota legittima).
Supponiamo invece che al convivente defunto sopravviva un figlio avuto da un precedente matrimonio, ad esempio.
Anche in questo caso, in assenza di un’adeguata pianificazione, l’eredità sarebbe devoluta interamente a quest’ultimo, mentre niente spetterebbe al convivente, oltre ai diritti summenzionati, con i limiti di cui sopra.
Qualora invece venisse redatto un testamento, questo potrebbe prevedere la devoluzione al convivente di ½ del patrimonio (c.d. quota disponibile), mentre invece la restante metà sarebbe riservata per legge al figlio (c.d. quota legittima).
Ipotizziamo invece che al convivente defunto non sopravvivano né eredi legittimari, né parenti in linea retta entro il sesto grado, ma solamente il convivente superstite.
Poiché il convivente superstite non compare tra i successibili legittimi, qualora il convivente venisse a mancare senza lasciare né prole, né genitori o altri ascendenti, né fratelli o sorelle, né parenti prossimi fino al sesto grado, potrebbe addirittura accadere che, in assenza di un testamento, il patrimonio del defunto passi allo Stato, prima che al convivente!
Quest’ultima ipotesi consente di cogliere perfettamente le concrete criticità sottese alla mancanza di un’adeguata sistemazione dei propri interessi per il tempo in cui non ci saremo più, soprattutto nel caso delle convivenze, infatti.
Per completezza, come si è evidenziato anche negli esempi di cui sopra, occorre tenere bene a mente che il potere di disporre per testamento del proprio patrimonio è limitato, se presenti soggetti legittimari, da quel complesso corpus di norme che disciplina le quote ereditarie di legittima e ne sottrae la disponibilità alla volontà del testatore.
Peraltro, ogni considerazione in tema di limiti alla disposizione testamentaria, qualora appunto vi sia la presenza di legittimari, impone altresì di indagare se questi siano stati soddisfatti o meno nella rispettiva quota tramite donazioni disposte nel corso della vita del de cuius, aspetto che non si può omettere di indagare quando si tratti di predisporre adeguatamente una pianificazione successoria.
Preso dunque atto delle carenze presenti nei profili successori patrimoniali dei rapporti tra conviventi, è evidente che per offrire tutela al convivente per il momento in cui questi sarà superstite non resta che regolare i rispettivi interessi (patrimoniali e non), con una pianificazione successoria che possa, se non superare le lacune menzionate, quanto meno gestirle e contenerle, nel rispetto di tutti i limiti e le criticità summenzionate.
A tal fine si rammenta che al testamento si affiancano altri efficaci strumenti con cui è possibile pianificare risvolti successori, da esaminarsi di volta in volta nella loro adeguatezza rispetto al caso concreto, come ad esempio i patti con efficacia post mortem, le polizze vita in favore del convivente, il legato di rendita vitalizia, le donazioni (eventualmente con clausola di reversibilità), il trust ed il vincolo di destinazione patrimoniale.
Trattasi, in ogni caso, di strumenti che, seppur dotati di un potenziale considerevole ai fini della tutela del convivente superstite, richiedono di essere “maneggiati con cura”, soprattutto ove al convivente defunto sopravvivano alcuni legittimari (figli, coniuge separato, ascendenti).
In conclusione, è evidente che la sistemazione degli interessi post mortem del convivente defunto e la tutela successoria del convivente superstite potranno trovare completa attuazione solo tramite una adeguata pianificazione successoria da effettuarsi con gli strumenti offerti dai negozi “mortis causa”, da utilizzare, scegliere e confezionare in modo sartoriale, sempre secondo le esigenze e con le cautele richieste dal caso concreto.
Avv. Carolina Nieri