Diritto dell’arte. Cass. Civ. n. 11465/2021: caratteristiche di pubblicità del possesso nell’usucapione dell’opera d’arte
Un’interessante pronuncia della Suprema Corte (Cassazione Civile, Sez. II, ordinanza n. 11465/2021), non ha riconosciuto sussistente l’acquisto del diritto di proprietà per usucapione di un dipinto posseduto da diversi anni da un’attrice italiana, attagliando alla specifica materia i principi giurisprudenziali già enucleati in molteplici pronunce relative ad altri beni mobili, con caratteristiche diverse.
Prima di addentrarci nella vicenda, è interessante comprendere come questa pronuncia si inserisca in quello che viene definito il “diritto dell’arte”.
Il “diritto dell’arte” nasce come un settore scientifico di nicchia, che vede il suo sviluppo in tempi più recenti. Questa diffusione deriva da una crescita esponenziale del mercato dell’arte e, conseguentemente, di interessi economici legati al settore che spingono i soggetti a rivolgersi a professionisti qualificati.
Il ragionamento giuridico sotteso all’ordinanza n. 11465/2021 è incentrato sulla verifica della “non clandestinità” del possesso dell’opera d’arte oggetto di presunta usucapione. Nel caso di specie la Suprema Corte ha dovuto accertare se l’esposizione di un dipinto di provenienza illecita nel salone di una casa privata per oltre dieci anni costituisse una tipologia di “possesso clandestino” (che esclude l’usucapione) o meno e quindi se si escludesse la maturazione dell’acquisto a titolo originario previsto dall’art. 1161 c.c. oppure no.
La pronuncia fa suo un orientamento giurisprudenziale già affermatosi in precedenza in vari tribunali territoriali, secondo cui solo l’esposizione a mostre o l’inserimento in pubblicazioni specializzate consente la conoscibilità del possesso delle opere d’arte e permette, quindi, di qualificare il possesso dell’opera come non clandestino. Solo in questo caso, quindi, può dirsi lecito il possesso e può, eventualmente, essere riconosciuto il diritto di proprietà per usucapione su un bene.
L’esposizione all’interno di un’abitazione privata, seppur frequentata costantemente ed anche per eventi mondani, non costituisce ad avviso della Suprema Corte quella forma di possesso specificamente richiesta per l’usucapione di opere d’arte, in particolar modo di opere d’arte di un significativo pregio, oggetto di trafugamento.
Per non essere considerato tale, il possesso doveva avere il requisito della “pubblicità”, nel senso che era necessario che venisse esercitato pubblicamente «in modo visibile a tutti o almeno ad un’apprezzabile ed indistinta generalità di soggetti e non solo al precedente possessore o ad una limitata cerchia di persone che abbiano la possibilità di conoscere la situazione di fatto soltanto grazie al proprio particolare rapporto col possessore». Pertanto, nel caso di specie, il solo fatto dell’esposizione del dipinto in un salone di una casa privata, non era di per sé sufficiente ad integrare il requisito richiesto della “pubblicità”. A questo principio la Cassazione è giunta riportandosi ad un precedente giurisprudenziale, ossia la sentenza n. 16059/2019 secondo la quale non appariva “seriamente dubitabile che in ambito di opere d’arte solo l’esposizione a mostre, ovvero l’inserimento in pubblicazioni specializzate, consenta la conoscibilità delle stesse.
In conclusione è evidente come, l’ordinanza n. 11465/2021 e la sentenza n. 16059/2019 abbiano dato luogo ad un orientamento secondo il quale, per non aversi natura clandestina è sufficiente che le opere d’arte vengano esposte a mostre o siano state rese visibili in pubblicazioni specializzate.
E’ altresì chiaro che, ai fini di un approccio del giurista a tematiche come quelle del diritto dell’arte, è necessaria una conoscenza e una consapevolezza del contesto artistico, dei canali distributivi e delle modalità di esposizione in mostre ed eventi del settore, per poter comprendere gli elementi di fatto necessari ad una corretta applicazione delle norme giuridiche legate al settore di riferimento.
Dott.ssa Claudia Tortorici